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Un torneo di calcio itinerante per fermare la strage degli «africani bianchi» di Corrado Fontana
Pubblicato su Corriere della Sera.it l'1 gennaio 2010
 

Un torneo di calcio itinerante per fermare la strage degli «africani bianchi»
L'albinismo è al centro di campagne politiche e umanitarie per proteggere chi ne soffre dall’emarginazione e dai cacciatori di organi

DAR ES SALAAM (TANZANIA) – C’è un «matatu» in marcia, ovvero il tipico minibus usato in Africa per i trasporti pubblici, in direzione Johannesburg. Partito il 1° giugno da Nairobi, arriverà a destinazione in tempo per la finalissima del Campionato del mondo sudafricano attraversando sette Paesi (Tanzania, Zimbabwe, Malawi, Zambia, Mozambico, Lesotho, Swaziland) e improvvisando tornei di calcio nelle periferie delle grandi città. Non è solo un viaggio, però, ma una campagna organizzata da Altrimondiali per accendere i riflettori dei media sulla situazione degli ultimi in Africa: a questo è servito infatti il torneo triangolare svoltosi nella prima tappa tanzaniana, a Dar Es Salaam, tra una squadra di operatori del «matatu» e del Cefa, l’ong ospitante, e due compagini locali formate da albini (i vincitori finali) e altri ragazzi con varie tipologie di handicap.

ALBINISMO PATOLOGIA INVALIDANTE – L’albinismo è una patologia rara riconosciuta dall’Istituto superiore di sanità, è un’anomalia congenita ereditaria che si manifesta con l’assenza o la riduzione della melanina nella pelle, nei capelli, nei peli e negli occhi (albinismo oculocutaneo), in alcuni casi soltanto negli occhi (albinismo oculare) o anche limitatamente a piccole parti del corpo (ciuffi di capelli, porzioni di pelle, uno solo degli occhi...). Non è considerato di per sé una disabilità ma da esso derivano spesso patologie gravemente invalidanti: soprattutto problemi di ipovisione (le persone affette da albinismo possono avere un visus compreso tra 1 e 3 decimi) e fotofobia (intolleranza alla luce), nonché un alto rischio di cancro della pelle, cheratosi acnitiche e altre forme di infezioni. In Italia le persone albine sono stimate tra i 2.500 e 5 mila individui e nel mondo è albina in media una persona su 20 mila.

L’AIUTO IN AFRICA PASSA DALL’HANDICAP – In Africa però, date anche le carenze infrastrutturali e a causa del livello medio d’insolazione delle zone equatoriali e desertiche, la situazione è assai più drammatica: gli albini africani si concentrano nella fascia centrale del continente, sono costretti a frequenti applicazioni di creme solari protettive e, nelle regioni sub sahariane, hanno il cancro della pelle come prima causa di mortalità. Per le loro difficilissime condizioni di vita, alcuni Paesi africani – in contrasto con ciò che accade in Italia e nelle aree più sviluppate, ma per una semplificazione ed efficacia delle politiche a sostegno delle persone con handicap – stanno equiparando gli albini ai disabili. Non solo. Il movimento di associazioni che si occupane delle persone albine nel continente africano è assai ricco di realtà molto attive. Così succede in Sudafrica, ad esempio, dove è attiva la «Albinism society of South Africa» e lo Stato ha predisposto politiche sanitarie che cercano di migliorare la condizione delle persone con albinismo attraverso campagne di sensibilizzazione, distribuzioni di creme per la protezione solare, la promozione di analisi gratuite per individuare forme tumorali della pelle... E altrettanto avviene in Tanzania, il Paese africano con la maggior incidenza del fenomeno tra la popolazione, dove l’albinismo è considerato come una disabilità a tutti gli effetti.

TANZANIA, «TERRA DI CACCIA» INUMANA – Discriminati ed emarginati socialmente per la loro diversità, gravemente sofferenti per le patologie legate alla vista e alla pelle, i cosiddetti «africani bianchi» subiscono anche un massacro silenzioso causato dall’ignoranza e dalla superstizione. I dati ufficiali per il solo anno 2008 ricordati sul sito albinismo.it risultano agghiaccianti: 28 uccisioni in Tanzania, 12 in Burundi, 14 in Uganda, che si aggiungono alle eliminazioni sistematiche alla nascita – ma non quantificabili – effettuate in segreto nel Nord del Camerun, in Mali, in Nigeria, in Senegal... Omicidi associati sì alla paura del diverso ma soprattutto alla stregoneria, commessi per procurarsi o commerciare gli organi e gli arti degli albini, che sono ritenuti superstiziosamente dotati di poteri straordinari utili per realizzare pozioni e amuleti sovrannaturali grazie ai quali gli stregoni (whitchdoctors) promettono enormi ricchezze. La maggior parte delle persone che credono nei poteri magici degli albini risiedono nella zona Nord del Paese, quella dei laghi, e sulla costa a Sud; perlopiù si tratta di gente dedita ai lavori nelle miniere della Bukoba Region ma anche di persone facoltose che ingaggiano i cacciatori di albini per ottenere pezzi dei loro corpi. Spesso i cacciatori sono leader religiosi locali.

TENDENZA DA INVERTIRE – La strage degli «africani bianchi» ha raggiunto ormai livelli inaccettabili anche per le autorità locali. Sarà quindi anche perché nel 2009 il numero di albini uccisi in Tanzania è salito a oltre 35 persone che nel Paese africano di massima diffusione dell’albinismo il grado di priorità riservato alla loro tutela sta crescendo. Ciò avviene grazie a programmi internazionali di sostegno economico e sociale per gli emarginati – «disabili» albini compresi – come quello di Cefa Onlus ma non solo. La più grande città della Tanzania, ad esempio, cioè Dar es Salaam, è già considerata una sorta di «zona franca» per gli albini e non sono pochi quelli che vi si trasferiscono in cerca di una esistenza al sicuro. Una sicurezza che passa per i programmi di sviluppo, quindi, ma anche per la via politica e giudiziaria. Non è un caso che il presidente della Repubblica Jakaya Kikwete sia intervenuto più volte recentemente per proclamare l’impegno dello Stato nel perseguire i cacciatori di albini e già alla fine del 2009 si sono celebrati i primi processi e le prime condanne a morte per alcuni di questi criminali.

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